
Le aziende italiane possono contribuire al programma di sviluppo economico a cui punta la Russia. Un Paese in crescita, che punta all'innovazione e guarda con estremo interesse a tutto ciò che è italiano, a partire proprio dal settore dei macchinari e delle apparecchiature meccaniche.
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Nelle vetrine delle gallerie commerciali brillano i grandi nomi della moda italiana; nei supermercati e negli alimentari spiccano ovunque marchi tricolore; le ragazze di Mosca (e non solo) calzano scarpe italiane abbinate con borse e accessori (ovviamente italiani); i mobili nostrani arredano le abitazioni di chi conta. È questo il Made in Italy di cui sempre più si scrive e che sta diventando sinonimo di Russia, un Made in Italyche oserei definire da copertina, ma al fianco del quale non bisogna dimenticare il vero perno delle nostre importazioni in Russia: tecnologia e macchinari. Basta guardare ai numeri per convincersene: nei primi mesi del 2008 la ripartizione merceologica dell'export italiano in Russia vedeva ampiamente al primo posto macchine ed apparecchiature meccaniche al 30,9% e solo dopo tessile e abbigliamento (16,7%), calzature e prodotti in cuoio (8,6%), e così via.
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UNA FASE DI TRANSIZIONE. Tuttavia, in questo periodo di forti cambiamenti geo-economici, la domanda spontanea che sorge è: quale futuro possiamo aspettarci per questo campo? Nel cercare di tracciare uno scenario realistico, partiamo prima di tutto dal delineare i piani di sviluppo della Federazione Russa, che considera la spinta verso l'innovazione e lo sviluppo del sistema produttivo (PMI in primis) una priorità. L'innovazione tecnologica è stata messa al centro del programma di sviluppo economico della Russia fino al 2020 dal Ministro dell'Economia Elvira Nabiullina che, nel tracciare le principali sfide che si troverà a fronteggiare la Russia, parla di "un'imminente ondata di cambiamenti tecnologici, che svaluta molti tradizionali fattori di crescita".
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Il governo russo prevede quindi un ridimensionamento dell'industria tradizionale basata soprattutto sulle risorse naturali (petrolio e gas su tutti), a fronte della creazione di un nuovo tessuto produttivo in cui la tecnologia giochi un ruolo fondamentale. Tale messaggio è stato recentemente rinnovato dal Premier Vladimir Putin nel suo discorso al Forum Internazionale di Sochi di metà settembre, il quale, elencando le priorità per lo sviluppo della Russia, parla di innovazione tecnologica, sviluppo di un nuovo sistema produttivo basato sulle PMI, formazione. Fu lo stesso Vladimir Putin, allora presidente, a lanciare tre anni fa il nuovo corso della politica nazionale d'innovazione tecnologica e scientifica, inteso come uno dei pilastri del ritrovato ruolo leader della Russia sulla scena mondiale, con queste parole: "La politica d'innovazione non è il mero appoggio dello Stato a un limitato numero di progetti tecnologici o a settori dell'economia. Oggi vanno create nuove relazioni di base tra scienza, Stato e imprese, dove poteri, responsabilità e rischi siano condivisi in tutte le fasi del processo innovativo, dalla concezione scientifica al prodotto specifico".
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PIÙ INVESTIMENTI IN R&S. Se nel biennio 2005- 2006 la quota investita nella ricerca e sviluppo in Russia era ferma all'1% del Pil (fra le più basse tra i Paesi industrializzati), dal 2007 (crescita del +18%) sembra essersi instaurato un circolo virtuoso che dovrebbe portare tale indice prima all'1,7% nel 2010 e poi al 2,8% entro il 2015, per raggiungere l'ambizioso traguardo del al 4% nel 2020. Alla luce di questo piano, alla fine del 2007, nell'ambito del progetto per la realizzazione di distretti industriali in Russia, sono stati creati 4 parchi tecnologici (Mosca, regione di Mosca, San Pietroburgo e Omsk, in Siberia) che possono contare sullo status di zona economica franca e hanno il chiaro target di attrarre anche investimenti stranieri. In questo ambizioso progetto di sviluppo, le aziende italiane devono (vista la situazione economica globale, l'imperativo è d'obbligo) necessariamente giocare un ruolo importante. La bilancia dei trasferimenti tecnologici è infatti fortemente negativa, nel 2006 la Russia ha esportato per 14,4 miliardi di rubli (531 milioni di dollari), importandone per 30,9 miliardi (1,14 miliardi di dollari).
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Il gap russo è soprattutto nell'ingegnerizzazione di prodotto (4,6 miliardi di rubli di export, contro 17,9 d'import). Lo scenario di crescita appena delineato si deve oggi necessariamente raffrontare con la situazione geoeconomica attuale. Il principale problema deriva dal forte indebitamento delle aziende russe e dai problemi futuri legati all'accesso al credito. Accanto a questo, la riduzione del prezzo del petrolio, che, se rimarrà sotto gli 80 (o addirittura 70) dollari al barile, bloccherà molti dei piani di sostegno previsti dal governo. La crisi in Georgia prima, e la crisi economica mondiale in seguito, hanno infatti al momento ridotto sensibilmente le importazioni di macchinari in Russia, con forti preoccupazioni per i produttori italiani.
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IL RUOLO DELL'ITALIA. Alla luce di quanto detto, un piano di sostegno da parte del governo italiano è fondamentale. E nella definizione di tale piano, mi auguro che finalmente si punti anche a metodi innovativi che puntino ad esempio sulla formazione in loco dei futuri utenti dei nostri macchinari e della nostra tecnologia. Un modello già brillantemente sperimentato dalla Germania, che da anni finanzia progetti di formazione nei vari istituti tecnici ed università dell'est europeo e in Russia fornendo corsi di tedesco, tecnica e soprattutto macchinari su cui imparare. E così, mentre noi, senza una strategia ben definita, elaboriamo a livello regionale progetti sempre più complicati e dispendiosi, loro sorridono dall'alto del primo posto come partner commerciale della Russia.
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Fonte: www.italplanet.it by Michele Brustia, Segretario Generale della Camera di Commercio Italo-Russa